EXPO, il volto nuovo di un sogno antico

EXPO, il volto nuovo di un sogno antico


di Vincenzo Coli
 
E’ ancora presto per dire se il 2015 sarà l’anno della rinascita per l’Italia. Di sicuro tra pochi mesi l’Expo sarà un’occasione formidabile per rimettere il nostro Paese al centro dell’attenzione mondiale. Il tema che la BIE (Ufficio internazionale delle Esposizioni) nel 2008 assegnò a Milano città vincitrice della selezione, è "Nutrire il pianeta, energia per la vita", e include tutto ciò che riguarda l'alimentazione, dal problema della mancanza di cibo per alcune zone del mondo a quello dell'educazione alimentare, fino alle tematiche legate agli OGM.

Il dibattito è aperto da tempo, le agenzie sfornano dichiarazioni eccellenti ogni giorno. Papa Francesco: “C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi “. Il presidente della Repubblica Mattarella: “Inaccettabile il gap tra paesi ricchi e paesi poveri”. Il premier Renzi: “L’Italia è leader non solo nell’agroalimentare, Expo sarà la cartina di tornasole delle ambizioni  dell’Italia”. Il ministro Franceschini:  “L’Expo sarà la nostra olimpiade”. Il ministro Martina: “Inserire nelle costituzioni, a partire dalla nostra, il diritto al cibo”.

La manifestazione meneghina sarà di sicuro una convention ad altissimo livello di anime belle e meravigliosamente intenzionate, su questo non c’è dubbio. Che poi da questo appuntamento scaturisca un modello di sviluppo e di utilizzo equilibrato delle risorse alimentari da consegnare a tutti i Paesi del mondo affinché gli diano sollecita applicazione, c’è da dubitare forte. Basta vedere quale fine fanno i vari summit internazionali dell’energia, al cui termine vengono prodotti cahiers de doléances accorati e prescrizioni intelligenti che sottolineano la gravità della situazione e l’urgenza degli interventi, ma restano lettera morta, perché cozzano contro gli interessi economici dei vari Stati. Non vorremmo che anche stavolta lo spirito umanitario di chi sogna la sconfitta definitiva della fame nel mondo si scontrasse con il cinismo di chi tende a privilegiare la convenienza dello status quo.

L’ottimismo istituzionale di chi vede nell’Expo la panacea di tutti i mali è un morbo contagioso a bassa intensità, di quelli che sì attaccano a fatica, eppure in certi momenti si deve per forza pensare positivo. Sarebbe bellissimo se il mito della rivoluzione politica economica e sociale che ha attraversato tutto il Novecento, rimasto appunto un mito perché non ha mai toccato terra, finalmente s’inverasse, declinato nel più basico dei bisogni, la redistribuzione della ricchezza alimentare: conclusione felice di quel percorso che a partire dalla Rivoluzione Francese ha scosso coscienze e armato volontà, ha segnato progressi civili e si è bruciato per colpa di errori sanguinosi, ma ha tracciato, pur tra mille contraddizioni, un confine netto tra il giusto e l’ingiusto, e ha indicato la stella polare di una società in cui gli uomini non debbano più essere suddivisi tra sommersi e salvati.