Sul fronte del lavoro, l’ultima trincea è il ristorante

Sul fronte del lavoro, l’ultima trincea è il ristorante


di VICENZO COLI 

Non fa notizia, in un Paese martoriato dalla disoccupazione, la storia del 56enne visto mettersi in coda per rispondere a un’offerta di lavoro postata da un Mc Donald. Però un paio di riflessioni le suggerisce. Prima riflessione. Si parla tanto di giovani senza lavoro, oppure dediti a molteplici occupazioni malissimo pagate e che nessun laureato inserirebbe nel curriculum (telefonista in un call-center, pulizie condominiali, baby-sitter, dog-sitter), e poi ci si stupisce se i figli restano a casa con genitori e nonni, almeno finché ci sarà il rifugio di uno stipendio e una pensione. Magari fossero più numerosi i ragazzi che volano a offrirsi lavapiatti in un pub di Dublino o buttafuori in una discoteca di Berlino - se non altro imparerebbero le lingue - ma ormai s’allungano le file anche lassù, nel nord Europa ricco di opportunità, resta qualche posto libero giusto in Canada e in Australia; e comunque non da tutti si può pretendere lo spirito d’avventura, del resto l’entusiasmo di scrivere il proprio romanzo di formazione appartiene alle biografie dei figli di papà che fanno esperienze prima di accomodarsi in un consiglio di amministrazione, non certo all’iconografia dell’emigrante con la valigia di cartone.
Si parla molto, dunque, di giovani senza lavoro, e troppo poco di cinquantenni che un’occupazione ce l’avevano e l’hanno perduta; chi s’è appena affacciato alla vita adulta ha - fisiologicamente - voglia, duttilità, entusiasmo, resilienza, speranza. Invece, chi dal mercato del lavoro è stato appena espulso e vede la pensione lontana un paio di decenni, resta facile preda dello scoramento, nessuna meraviglia se si adatta a competere, con scarse chances, per un impiego da ottocento euro al mese tipico di un teenager, cameriere in una catena di ristoranti.
Ed è a questo punto che scatta la seconda riflessione. Ad offrire qualche posto sono rimasti, quasi da soli, i ristoranti, siano essi i MacDonald o posti più raffinati come Eataly di Farinetti; in un sistema economico in cui il lavoro non c’è, o se c’è viene pagato a tre mesi o mai più, una prestazione d’opera tipo servire un pasto caldo esige esborso immediato e tiene in piedi il meccanismo domanda-offerta-remunerazione. E finché gli italiani combatteranno l’angoscia spendendo gli ultimi spiccioli a tavola e in allegra compagnia, non tutto sarà perduto. I professionisti della buona cucina e dell’intrattenimento questo lo sanno, e dispensano consigli da economisti scafati. Vedi Flavio Briatore, che invita i giovani a lavorare in localini trendy come i suoi: dove tutto gira a meraviglia e non c’è bisogno di un contratto - che pratica triste, e indicativa di sfiducia nei confronti dell’imprenditore -, anzi nemmeno  di uno stipendio. Tanto suppliscono le mance dei clienti ricchi. L’importante, si sa, era abolire l’articolo 18.