
di Vincenzo Coli
Ha sollevato un certo scandalo il video – divenuto subito virale – prodotto dal sito Demotivateur.fr in cui un giulivo chef transalpino spiegava, casseruole alla mano, come si fa la pasta alla carbonara. Facile: si mettono a cuocere panna e pancetta insieme alla pasta (farfalle, in questi caso), per 15 minuti, e a cottura finita vi si riversa sopra l'uovo crudo. Bon appétit! Il delitto di lesa maestà viene doppiato pochi giorni dopo dalla rivista statunitense Country Living, che posta una ricetta americana dei napoletanissimi spaghetti alla marinara, conditi da una cascata di ketchup.
Le reazioni degli utenti italiani sono immediate e coprono un ampio range, dall'ironia sferzante (“E ora beccatevi questa versione salentina dell'astice all'armoricana!”) all'indignazione più impettita ("Ho fatto una segnalazione ai carabinieri!"). Molti gli appelli on line di chi ritiene lasca e inefficace l'azione delle istituzioni preposte, e le invita a tutelare convenientemente queste punte di diamante del made in Italy dalle bravate di chi ne calpesta il buon nome. Tutto giusto. Pensate alle battaglie condotte aspramente e vinte da chi ha difeso il prestigio del pesto alla genovese contro aziende senza scrupoli che riempivano i supermercati di barattoli contenenti sughi verdastri nemmeno lontanamente apparentabili.
Qui però la lotta alla contraffazione appare più difficile, per almeno due motivi. Primo. Su Internet circola la rappresentazione di tutto e di più, e si vende qualsiasi merce abbia un valore, per quanto discutibile, dalle raffigurazioni in bronzo di Padre Pio formato statua della Libertà fino ai video che insegnano le pratiche sadomaso. Ipotizzare censure preventive in stile Corea del Nord è impensabile in un emisfero del mondo che coltiva la libertà d'opinione, e anche tecnicamente la cosa non sembra realizzabile, nemmeno dagli hacker più cazzuti. Ci si deve rassegnare alla repressione, segnalare il misfatto alla polizia postale e che la giustizia faccia il suo corso. Secondo. Ai francesi, agli americani e ai tedeschi 'sta roba potrebbe anche piacere; se queste ricette - ai nostri occhi sciagurate - vengono divulgate urbi et orbi, forse godono di una considerazione popolare. E in tal caso sulla vera carbonara e gli spaghetti alla marinara veraci non graverebbe il marchio dell'infamia, semmai il fastidio della falsificazione. Che è comunque un reato. Il mondo ha diritto di conoscere il bello e il buono della nostra gastronomia. E il mezzo per ristabilire le verità nelle cucine dei ristoranti e degli alberghi che fanno tendenza nei cinque continenti, c'è: siccome sono tanti i nostri connazionali impegnati nel settore all'estero, ma molti di più sono i cuochi stranieri che si spacciano per italiani e fanno disastri, si potrebbe prendere quei due-tremila chef che ogni giorno spadellano davanti alle telecamere, s'atteggiano a ganzi e francamente non sono più sopportabili, e utilizzarli finalmente per una giusta causa. Mandarli in missione, come teste di cuoio e corpi d'élite, ad occupare quelle lontane trincee del gusto periclitante. S'impossessino di fuochi e tegami, applichino alla lettera i dettami dell'Artusi, diano ordini precisi al personale, stupiscano i clienti, diffondano il Verbo. La patria sarebbe riconoscente. In eterno no, ma almeno la giusta durata di una cottura.